L’anniversario del
settimo anno:
Giunge di soppiatto e cerca di prendermi alla sprovvista.
Mi giro e non è più dove mi aspettavo
di trovarlo: dietro di me intento a farmi le boccacce.
Difatti, sta passeggiando con il suo omologo del sesto
perché lo trova simpatico e condiscendente.
Allora cerco di bloccarlo, per poterci scambiare due chiacchiere: “Aspetta,
amico mio, non te ne andare!”. Lui si gira e ridacchia beffardamente.
Tuttavia non riuscirà a gabbarmi, poiché io mi reputo molto
più scaltro di lui. Zampettando, mi dirigo verso le scorciatoie
di febbraio e di marzo; là almeno, è più fresco.
Lui invece corre giù per il mese di giugno, come se fosse impazzito.
Le gambe, per via dell’inerzia, non riescono a tenere il passo
a causa della discesa e dell’elevata velocità. Probabilmente
gli fanno male le piante dei piedi, perché i suoi plantari sfregano
sulla pelle nuda. Poveretto! Me lo immagino già, stasera, durante
la festa, con le vesciche ai piedi intento a masticare una bella salsiccia
succulenta cotta alla brace che gli penzola dalla bocca! (Personalmente
preferisco la carne a fette, che cola meno grasso).
Mentre seguo il sentiero che si inerpica su per la collina scorgo, più in
basso, il viottolo che ha preso il mio fuggiasco. Si snoda in una tumultuosa
macchia di cespugli di mirto. Se ha preso quella strada, ha certamente
dovuto fare i conti con le sue asperità, sicché avrà perso
un sacco di tempo per evitare di pungersi. Lo raggiungerò senz’altro.
Proprio quando i polmoni sembrano in procinto di scoppiarmi nel torace,
mi accorgo di avere quasi riguadagnato il distacco che ci separava. Eccolo!
Ansimando all’impazzata, mi fa cenno di avvicinarmi.
“ Sei un osso duro. Non ce la faccio più a tenerti dietro. Cosa
accidenti vuoi?”. Bofonchia, mentre con le mani si puntella sulle ginocchia
con il busto piegato in avanti per aspirare più aria.
“ In realtà, mi aspettavo più collaborazione da parte tua.
Tutto sommato, i tuoi fratelli degli anni precedenti si sono rivelati meno astiosi
e refrattari!”. Replico io, con l’aria di quello che ne sa una più del
diavolo.
Infastidito da questo mio piglio da saccente, si gira di scatto e si
rimette a correre, schivando per un pelo l’angolo delle case tra
Novembre e Dicembre. In lontananza, sento l’eco del suo richiamo,
che mi esorta a riprendere l’inseguimento.
Un’allegoria di
Thierry Dell’Orto
Presidente Ci. Cu.T.A
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